di Agata Mondo
Clotilde si era svegliata a mezzanotte e ora camminava su e giù, mentre la luce lunare filtrava attraverso le tapparelle. Era un paesaggio che spesso le aveva trasmesso pace e maraviglia, che quel filo sottile di luce potesse trasformare la sua percezione della realtà in maniera così profonda. L'odore dell'erba le riempiva le narici, era stata tagliata da poco e di notte l'oscurità amplificava l'olfatto, colpendola con i suoi sentori più vari. Decise di far qualcosa per combattere l'insonnia, era fastidioso l'indomani trascorrere tutta la giornata insonnolita. Squadrò la casa con attenzione, le civette emettevano il loro richiamo vagamente sinistro, l'edera si inerpicava sui muri con elegante pervicacia. Osservò la finestra in alto, le tapparelle erano chiuse, ma non completamente, e immaginava la luce accarezzare la pelle di Marco. 'Sei nuova di qui?' le aveva chiesto lui qualche tempo prima. 'Diciamo di sì', aveva risposto, 'di sicuro non hai avuto modo di vedermi prima'. Si erano osservati con occhi sorpresi, perché erano parecchio strani entrambi, per i propri reciproci standard. Lui, a differenza dei ragazzi che vedeva in giro, era 'normale', niente piercing né tatuaggi, niente Ipod, orecchini, né capelli colorati, né creste. 'Accidenti' aveva pensato, 'devo aver sbagliato secolo'. Aveva deciso di fermarsi lì e in quell'epoca storica perché provava disprezzo per ciò che vedeva, la sua era un'opera di purificazione dal sovrappiù, dagli orpelli dell'era moderna. Aveva una sua filosofia di vita, certo, non colpiva a caso, sapeva che non si sarebbe mai sentita a posto con la coscienza se avesse agito alla cieca, senza un piano, senza uno scopo. Mentre, leggiadra ed elegante come una pantera, saliva lungo il muro della casa, le venivano in mente gli occhi di Marco. Erano di un colore nocciola chiaro e l'espressione era dolce e riflessiva. Scostò le tapparelle e con agilità entrò nella stanza. Marco era in piedi di fronte al letto e la osservava con curiosità. Clotilde ebbe un sussulto e credette di sentire il suo cuore accelerare i battiti. Era nudo di fronte a lei, ai suoi tempi gli uomini non dormivano così, e avevano almeno due strati di mutande, o così le erano sempre sembrati. 'Ho fatto ricerche su di te ' disse Marco, 'in una vecchia scatola in soffitta ho trovato una tua foto. Inizialmente non credevo ai miei occhi, eravate identiche tranne che lei era vissuta due secoli prima'. Clotilde lo guardò sempre più stupita e non riusciva a trovare le parole per far fronte alle emozioni che la invadevano. 'Tu hai fatto ricerche su di me' commentò, perplessa. 'Sì, eri strana, o meglio così diversa dalle mie compagne, giovane ma allo stesso tempo antica. Usi spesso termini proprio buffi e desueti e hai delle maniere un po' esagerate, a volte' aggiunse Marco. 'Sono morta giovane' rispose Clotilde 'e quando mi hanno dato la possibilità di ritornare a vivere, in un nuovo modo, non ho potuto rifiutare'. Marco le si avvicinò lentamente, la luce della luna continuava a sciogliersi in piccoli pulviscoli argentei lungo il suo corpo. Clotilde sentì le gambe farsi sempre più molli e quando Marco fu ad un dito da lei decise che gli avrebbe risparmiato la vita. I loro gesti successivi furono naturali, lei si stupì della facilità con cui dava voce ai propri desideri, se l'avesse vista sua madre sarebbe inorridita. Dopo una notte di passione, la prima della sua giovane vita, aveva scoperto che essere innamorati fa passare la fame, o almeno a lei aveva fatto questo effetto.